Il 2 luglio 2025 lo stilista berlinese Kilian Kerner presenta la sua nuova collezione “DDR. Die gestohlenen Kinder” (DDR. I bambini rubati) alla Uber Arena di Berlino. Con questa collezione, Kerner porta sul grande palcoscenico della capitale un tema che per troppo tempo è stato un tabù e che è stato rimosso dalla storia tedesca: il destino dei cosiddetti “bambini rubati” nella DDR.
L’ingiustizia dei “bambini rubati”
Nella DDR, numerosi bambini venivano sottratti ai loro genitori quando questi erano considerati politicamente inaffidabili o per altri motivi finivano nel mirino dello Stato. Molti di questi bambini crescevano in istituti statali o presso famiglie affidatarie fedeli al regime, spesso senza alcun contatto con i genitori biologici. Questa ingiustizia ha segnato generazioni e, ancora oggi, rappresenta per molti una ferita dolorosa e un senso di impotenza.
Kilian Kerner racconta di essere, già da anni, molto scosso da questo tema. Ed è per questo che, con la sua collezione, lo stilista vuole lanciare un messaggio non solo nel mondo della moda, ma anche nella società, portando la storia delle vittime all’attenzione pubblica.
La collezione: moda come memoria e monito
La collezione “DDR. I bambini rubati.” unisce innovazione stilistica e riflessione storica. Kerner usa la passerella come palcoscenico per raccontare le storie delle vittime e per focalizzare l’attenzione sui capitoli rimossi del passato della DDR.
I modelli sono caratterizzati da forti simboli che rappresentano perdita, desiderio e speranza. Tessuti, tagli e colori riflettono l’ambivalenza tra il controllo statale e il destino individuale. La presentazione nella Uber Arena è volutamente di grande impatto, per dare al tema la visibilità che merita.
Rilevanza sociale e reazioni
Kilian Kerner è noto per integrare temi sociali nelle sue creazioni. Già in precedenti collezioni aveva lanciato messaggi contro l’odio e la discriminazione o affrontato sfide sociali. Con “DDR. I bambini rubati” si spinge ancora oltre sfruttando la forza della moda per promuovere la cultura della memoria e la riflessione.
Molte vittime e persone interessate vedono nella sfilata un’occasione importante per portare il tema fuori dalla nicchia e stimolare un dibattito pubblico.
Con “DDR. I bambini rubati” Kilian Kerner lancia un forte segnale a favore della memoria e della riflessione. La collezione non è mera moda, piuttosto essa offre un’occasione per approcciarsi e quindi confrontarsi con i lati oscuri della storia tedesca e a dare voce alle vittime.
Il 17 giugno 1953, la popolazione della DDR (Repubblica Democratica Tedesca) si sollevò in una rivolta nazionale contro il regime comunista della SED. La protesta fu scatenata dall’aumento delle norme lavorative – di fatto una riduzione dei salari – ma anche da un malcontento più profondo dovuto alla repressione politica, alle difficoltà economiche e alla mancanza di libertà.
Nel giro di pochi giorni, oltre un milione di persone in più di 700 città e paesi parteciparono a scioperi, manifestazioni e proteste. Soprattutto a Berlino Est, Halle (Saale) e Merseburg le proteste raggiunsero il loro apice. Le richieste andavano dall’annullamento dell’aumento delle norme lavorative, a elezioni libere, fino alle dimissioni del governo e alla riunificazione della Germania.
Repressione e conseguenze
La leadership della SED fu sopraffatta dalla forza delle proteste. Le autorità di occupazione sovietiche reagirono imponendo lo stato d’emergenza e utilizzando carri armati e militari contro i manifestanti. La rivolta fu repressa nel sangue: almeno 34 persone morirono immediatamente, molte altre furono ferite o incarcerate. In alcune regioni furono persino emesse condanne a morte.
Il 17 giugno 1953 fu celebrato per decenni nella Repubblica Federale Tedesca come “Giorno dell’Unità Tedesca” e rimase un simbolo della volontà di libertà della popolazione della DDR. Gli eventi mostrarono che il governo della SED poteva mantenere il potere solo con il sostegno sovietico. La rivolta rimase un monito per il futuro e influenzò i movimenti di protesta successivi nell’Europa dell’Est.
Commemorazione
Ancora oggi, il 17 giugno in molte città si commemorano le vittime della rivolta. Targhe commemorative, eventi e discorsi mantengono viva la memoria del coraggio di coloro che lottarono per la libertà e la democrazia.
Il Memoriale per gli ebrei assassinati d’Europa, noto anche come Memoriale dell’Olocausto, è una delle principali opere commemorative di Berlino, dedicata ai circa sei milioni di vittime ebree dell’Olocausto. Questo luogo simbolico rappresenta la responsabilità della Germania nel ricordare i crimini del passato e nel combattere l’antisemitismo. In questo articolo esploreremo la storia, l’architettura e il significato di questo monumento unico.
La storia della sua creazione: dall’idea alla realizzazione
L’idea di costruire un memoriale centrale per gli ebrei assassinati d’Europa nacque negli anni ’80. La giornalista Lea Rosh fu una delle prime a promuovere questa iniziativa. Dopo la caduta del Muro di Berlino, venne fondato il “Förderkreis zur Errichtung eines Denkmals für die ermordeten Juden Europas” (Comitato per la costruzione di un memoriale per gli ebrei assassinati d’Europa), che spinse avanti il progetto. Il sito scelto per il memoriale si trova nei pressi dei giardini ministeriali, vicino alla Porta di Brandeburgo, un luogo carico di significato storico per la sua vicinanza alla Cancelleria del Reich e al “confine della morte” del Muro di Berlino.
Dopo anni di dibattiti e due concorsi, il Bundestag tedesco approvò il 25 giugno 1999 il progetto dell’architetto newyorkese Peter Eisenman. Il suo concept, basato su un campo di stele, fu arricchito da un “Luogo dell’informazione”, pensato per dare volti e nomi alle vittime.
Architettura e design: un’opera aperta
Il memoriale si estende su una superficie di 19.000 metri quadrati ed è composto da 2.711 stele in cemento grigio scuro disposte in una griglia ortogonale. Le stele variano in altezza e formano un campo ondulato, progettato per disorientare i visitatori attraverso pavimenti irregolari e pendenze. Eisenman ha voluto creare un “luogo senza luogo”, che trasmettesse un senso di smarrimento e invitasse a una riflessione personale.
Le stele sono realizzate in cemento con pigmenti neri che conferiscono loro una superficie liscia e quasi lucida. I blocchi monolitici simboleggiano, con le loro linee nette e il design minimalista, l’astrazione del ricordo.
Il “Luogo dell’informazione”
Sotto il campo delle stele si trova il “Luogo dell’informazione”, uno spazio espositivo sotterraneo che documenta la storia dell’Olocausto. Attraverso lettere, fotografie e documenti storici, offre uno sguardo personale sulla vita e sulle sofferenze delle vittime. Questo spazio integra il monumento astratto con informazioni concrete, creando un ponte tra memoria individuale e storia collettiva.
Posizione: significato storico
Il memoriale si trova nel cuore di Berlino, a sud della Porta di Brandeburgo, tra Potsdamer Platz e Pariser Platz. La posizione è storicamente significativa: prima della Seconda Guerra Mondiale qui si trovavano i giardini ministeriali; successivamente l’area divenne parte della striscia di confine del Muro di Berlino. Durante i lavori di costruzione furono scoperti resti di un bunker appartenuto a Joseph Goebbels – un ulteriore richiamo al passato oscuro del luogo.
Significato e ricezione
Dalla sua inaugurazione il 10 maggio 2005, il Memoriale dell’Olocausto è diventato uno dei luoghi più visitati di Berlino ed è un elemento centrale nel discorso sulla memoria in Germania. È un simbolo visibile contro l’oblio che invita i visitatori a confrontarsi attivamente con la storia.
Il monumento ha suscitato anche critiche: alcuni hanno contestato l’astrattezza del campo delle stele o si sono chiesti se un singolo memoriale potesse rappresentare adeguatamente l’enormità dell’Olocausto. Tuttavia, rimane uno spazio fondamentale per la commemorazione, riconosciuto sia a livello nazionale che internazionale.
Il Memoriale per gli ebrei assassinati d’Europa non è solo un’opera d’arte – è un luogo di memoria, apprendimento e riflessione su uno dei capitoli più bui della storia umana. Con la sua architettura impressionante e la sua profonda simbologia, invita i visitatori a fermarsi e confrontarsi con gli orrori dell’Olocausto. Ci ricorda che la responsabilità non finisce mai, ma continua come monito per le generazioni future.
Il Paragraph1 175 del codice penale tedesco, noto come § 175 StGB, è stato uno dei simboli più duraturi della persecuzione legale dell’omosessualità in Germania. Introdotto nel 1871, questo articolo ha criminalizzato i rapporti sessuali tra uomini per oltre un secolo, fino alla sua completa abrogazione nel 1994.
Origini e sviluppo storico
Il § 175 venne adottato nel 1871, all’indomani dell’unificazione tedesca, come parte del nuovo codice penale del Reich. Inizialmente, la norma puniva la “fornicazione contro natura” tra uomini, includendo anche atti di zooerastia. Già dalla fine del XIX secolo, il paragrafo fu oggetto di critiche e tentativi di riforma. Nel 1898 venne presentata al Reichstag una petizione per la sua abolizione, sostenuta da figure di spicco come August Bebel, leader del Partito Socialdemocratico. Nonostante questi sforzi, la legge rimase in vigore.
L’inasprimento durante il regime nazista
Con l’ascesa al potere del partito nazista nel 1933, la persecuzione degli omosessuali si intensificò drasticamente. Nel 1935, il regime modificò il § 175, ampliandone la portata e inasprendo le pene.
“Le attività omosessuali di una non trascurabile parte della popolazione costituiscono una seria minaccia per la gioventù. Tutto ciò richiede l’adozione di più incisive misure contro queste malattie nazionali.” (Decreto costitutivo dell’Ufficio centrale del Reich per la lotta all’omosessualità e all’aborto (Reichszentrale zur Bekämpfung der Homosexualität und der Abtreibung), istituito da Heinrich Himmler nel 1936)
Dopo la caduta del regime nazista, il destino del § 175 diverge nelle due Germanie:
Nella Germania Est (DDR), la legge tornò alla sua versione pre-nazista nel 1950. Nel 1968, venne ulteriormente modificata, limitandone l’applicazione ai rapporti con minori di 18 anni. Infine, fu completamente abrogata nel 198813.
Nella Germania Ovest (BRD), la versione nazista del § 175 rimase in vigore fino al 1969. La Corte Costituzionale federale ne confermò addirittura la legittimità in uno stato democratico3. Solo nel 1969 la legge venne riformata, limitandone l’applicazione ai rapporti con minorenni3.
Abrogazione e riabilitazione
Il § 175 venne definitivamente abrogato nel 1994, dopo la riunificazione delle due Germanie. Tuttavia, le conseguenze di questa legge discriminatoria si sono protratte ben oltre la sua abolizione. Nel 2017, il parlamento tedesco ha approvato una legge per riabilitare e risarcire le persone condannate in base al § 175. Questo atto ha rappresentato un importante passo verso il riconoscimento delle ingiustizie subite dalla comunità queer in Germania. La storia del § 175 rimane un monito sulla persistenza della discriminazione legale e sull’importanza della vigilanza continua per proteggere i diritti delle minoranze sessuali.
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Paragraph si usa nella maggior parte delle leggi tedesche e austriache. Si usa per le leggi ordinarie e i codici principali come il Codice Civile (BGB) e il Codice Penale (StGB). Artikel si usa invece per la Costituzione e per le leggi fondamentali, per l’EGBGB (Einführungsgesetz zum Bürgerlichen Gesetzbuch), per leggi che modificano altre leggi e per i trattati internazionali. ↩︎
La Gemeinschaft der Eigenen (Comunità dei propri/degli unici) fu un’importante associazione del primo movimento omosessuale tedesco, fondata all’inizio del XX secolo. Svolse un ruolo significativo nella promozione dei diritti e della visibilità degli uomini omosessuali in un’epoca in cui l’omosessualità era ancora ampiamente tabuizzata e criminalizzata.
Il nome Gemeinschaft der Eigenen ha la sua origine nella filosofia di Max Stirner e nel suo libro “L’unico e la sua proprietà” (Der Einzige und sein Eigentum). Adolf Brand, il fondatore dell’organizzazione, si riferì a quest’opera quando, nel 1896, all’età di 21 anni, diede vita alla sua rivista “L’unico” (Der Eigene). La rivista era dedicata alla “propria gente”, che doveva essere orgogliosa della propria “unicità”. Questa idea di indipendenza e orgoglio della propria identità fu successivamente trasferita all’organizzazione fondata nel 1903. Il nome “Comunità dei propri” riflette quindi l’obiettivo di creare un’identità e una cultura indipendenti per gli uomini omosessuali, che si distinguesse dalle altre correnti e teorie mediche dell’epoca. La denominazione enfatizza l’individualità e l’unicità dei membri, che si consideravano “propri” e sostenevano la loro specifica visione dell’omosessualità maschile.
La prima rivista omosessuale
Fondazione e obiettivi
La GdE fu fondataIl 1° maggio 1903 da Adolf Brand, insieme ad altri dodici uomini. Tra i membri fondatori c’erano noti attivisti come Benedict Friedlaender e Wilhelm Jansen. Anche Otto Kiefer, che operava sotto lo pseudonimo di “Dr. Reiffegg” e all’epoca lavorava come insegnante alla Odenwaldschule, faceva parte del gruppo fondatore. Il nome Comunità degli unici indica l’obiettivo di creare un’identità e una cultura indipendenti per gli uomini omosessuali. L’organizzazione si considerava un’alternativa ad altre associazioni dell’epoca e voleva percorrere una propria strada nel movimento omosessuale.
Pubblicazioni e attività
Una delle principali attività della GdE era la pubblicazione di varie riviste. Queste riviste servivano come piattaforma per discussioni, contributi letterari e opere artistiche che affrontavano temi dell’omosessualità maschile e dell’amicizia. Brand affermò che la fondazione della GdE serviva anche per aggirare problemi di censura, creando un circolo di lettura interno e protetto.
Ideologia e filosofia
La GdE sosteneva una visione specifica dell’omosessualità maschile, che si distingueva da altre correnti dell’epoca. Si ispirava fortemente agli ideali classici greci e propagandava una forma di “amore maschile” che andava oltre gli aspetti puramente sessuali. La GdE enfatizzava il legame spirituale ed emotivo tra uomini e vedeva nell’amore tra persone dello stesso sesso una forma di relazione superiore e nobile. Questa visione contrastava con gli approcci medici e patologizzanti che consideravano l’omosessualità come una malattia o un’anomalia.
Attività e stile di vita
Oltre alle attività editoriali, la GdE organizzava anche attività pratiche per i suoi membri. Queste includevano eventi di campeggio e trekking, talvolta praticati anche in nudità. Tali attività riflettevano il legame con la natura e il culto del corpo che giocavano un ruolo importante nell’ideologia della GdE.
Contesto storico
La fondazione e le attività della Gemeinschaft der Eigenen devono essere viste nel contesto del movimento omosessuale in via di sviluppo in Germania all’inizio del XX secolo. In questo periodo, c’erano diversi approcci e organizzazioni che lottavano per i diritti e il riconoscimento delle persone omosessuali. La GdE era in una certa competizione con altre associazioni, in particolare con il Comitato Scientifico-Umanitario (WhK) di Magnus Hirschfeld. Mentre il WhK perseguiva un approccio scientifico ed emancipatorio, mirando all’abolizione del § 175 (che criminalizzava gli atti omosessuali), la GdE seguiva un approccio più culturale e identitario.
Sfide e critiche
La Comunità si trovò ad affrontare diverse sfide. Da un lato, doveva operare in un ambiente sociale ostile, in cui l’omosessualità era stigmatizzata e criminalizzata. Dall’altro, c’erano anche controversie all’interno del movimento omosessuale sulla giusta strategia e ideologia. L’orientamento elitario e in parte maschilista della GdE fu considerato problematico da alcuni critici. Anche l’enfasi sugli ideali classici greci e la parziale romanticizzazione delle relazioni pedagogiche tra uomini e giovani furono oggetto di critiche.
Conseguenze e inquadramento storico
La Comunità esistette almeno fino al 1932. La sua fine coincise quindi con l’ascesa del nazionalsocialismo, che distrusse l’intero movimento omosessuale in Germania. Nonostante la sua esistenza relativamente breve, la GdE ebbe un’influenza significativa sullo sviluppo del movimento omosessuale e sulla formazione di un’identità omosessuale in Germania. Le sue pubblicazioni e idee contribuirono a sviluppare e diffondere visioni alternative dell’omosessualità maschile.
La GdE fu una parte importante del primo movimento omosessuale in Germania. Offrì agli uomini omosessuali una piattaforma per lo scambio, l’espressione di sé e la comunità in un’epoca in cui tali spazi erano rari. Sebbene alcune delle sue idee e pratiche siano da considerare criticamente dalla prospettiva odierna, la GdE diede un contributo significativo alla visibilità e all’auto-organizzazione delle persone omosessuali all’inizio del XX secolo. La storia della Comunità ci ricorda che la lotta per i diritti e il riconoscimento delle minoranze sessuali ha una lunga e complessa storia. E Mostra anche quanto fossero e siano diversi e talvolta contraddittori gli approcci e le ideologie all’interno del movimento omosessuale.
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