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Italiani all’estero: cresce l’esodo silenzioso mentre la politica guarda altrove

La diaspora invisibile: perché sempre più italiani scelgono di vivere all’estero

Mentre il dibattito politico resta concentrato sui flussi migratori in entrata, un altro movimento, spesso trascurato, continua a crescere in modo costante: quello degli italiani che scelgono di lasciare il Paese. Secondo il Rapporto Italiani nel Mondo 2025 della Fondazione Migrantes, presentato oggi, 11 novembre, a Roma, sono ormai circa 6,5 milioni i cittadini italiani residenti stabilmente all’estero.

Il dato, in continuo aumento, supera di oltre un milione quello degli stranieri regolarmente residenti in Italia. Un sorpasso simbolico ma significativo: mentre si discute di accoglienza e confini, l’Italia continua a perdere silenziosamente i propri talenti, giovani professionisti e famiglie che cercano all’estero opportunità di lavoro, servizi più efficienti o semplicemente migliori prospettive di vita.

Nel solo 2024, 123.376 persone si sono iscritte all’AIRE per espatrio, ben 34 mila in più rispetto all’anno precedente. L’incremento percentuale è del 38%, un livello che supera le ondate migratorie registrate negli anni più duri della pandemia e persino i picchi legati alla Brexit. Tra le destinazioni preferite restano Germania, Regno Unito, Spagna e Svizzera, seguite da Stati Uniti, Australia e paesi dell’America Latina.

Rispetto ai 53,5 milioni di residenti con cittadinanza italiana, significa che oggi quasi 12 italiani su 100 vivono oltre confine. Un dato che cala leggermente, al 10,9%, se si considera l’intera popolazione residente in Italia, inclusi gli stranieri. Tuttavia, dietro questi numeri si cela una tendenza strutturale: il saldo migratorio interno dell’Italia è sempre più negativo e coinvolge soprattutto i giovani tra i 25 e i 39 anni, molti dei quali laureati.

Dal Sud partono in molti, ma cresce anche la mobilità dalle regioni del Nord, segno che non si tratta più di una “fuga” dei soli territori periferici, bensì di una diaspora nazionale che interessa tutte le classi sociali. Non solo un fenomeno economico, ma anche culturale e identitario: chi parte spesso mantiene un legame forte con l’Italia, ma difficilmente trova motivi concreti per rientrare.

In un Paese che invecchia, il fenomeno dell’espatrio rischia di ampliare il divario generazionale e territoriale, minando la capacità del sistema produttivo di rinnovarsi. Mentre la politica continua a interrogarsi su “chi arriva”, forse è il momento di chiedersi con la stessa urgenza perché così tanti scelgono di “andare via”.

Per approfondire

Su questo tema, può risultare particolarmente utile la lettura del libro Stai fuori! Come il Belpaese spinge i giovani ad andare via di Alessandro Foti (Edizioni Dedalo). Un’analisi lucida e provocatoria che esplora le ragioni profonde dell’espatrio giovanile, tra disillusione, mancanza di prospettive e desiderio di riscatto.

“Stai fuori!” di Alessandro Foti: l’Italia che perde i suoi giovani

Analisi dettagliata e dati aggiornati sull’emigrazione italiana giovanile: perché sempre più italiani scelgono di vivere all’estero e le conseguenze per il futuro del Paese.

Il libro “Stai fuori! Come il Belpaese spinge i giovani ad andare via” di Alessandro Foti (palermitano emigrato a Berlino), pubblicato da Edizioni Dedalo, offre un’analisi profonda e personale di un fenomeno che sta svuotando l’Italia: l’emigrazione di massa, soprattutto giovanile, che negli ultimi anni ha assunto dimensioni allarmanti. Foti, ricercatore e neoemigrante, racconta con dati, numeri e testimonianze dirette come l’Italia sia diventata un paese poco attrattivo, non solo per i propri giovani qualificati, ma quasi inesistente come meta di immigrazione.

Secondo Foti, l’ondata emigratoria italiana dal 2011 al 2022 ha visto oltre un milione e 300 mila cancellazioni dall’anagrafe italiana, una cifra paragonabile ai flussi migratori degli anni ’70. Il fenomeno non riguarda più solo i giovani meno istruiti o provenienti dalle regioni più povere, ma include una quota significativa di laureati (circa la metà dei giovani emigrati tra i 20 e 37 anni), che lasciano il paese in cerca di meritocrazia, opportunità lavorative e ambienti di ricerca più stimolanti all’estero.

Foti documenta come la fuga dei cervelli non sia quindi solo un problema di mercato del lavoro, ma anche il sintomo di un sistema accademico chiuso, poco trasparente e clientelare, dove merito e competenze spesso non sono sufficienti a garantire crescita professionale e stabilità. Il libro cita il caso della ricerca italiana, ampiamente penalizzata da tagli ai finanziamenti e meccanismi interni che favoriscono il nepotismo e il baronatismo accademico, spingendo molti talenti a cercare fortuna altrove, con grande perdita per il paese.

Un aspetto significativo che il testo mette in evidenza è la sottovalutazione statistica del fenomeno, con gli enti italiani che registrano meno espatri ufficiali rispetto a quanto evidenziato dagli uffici esteri, a causa di una mancata o ritardata iscrizione all’AIRE.

Foti sottolinea inoltre come la mobilità giovanile, se da un lato è un’opportunità di crescita, dall’altro si trasforma spesso in un esodo forzato senza ritorno, poiché l’Italia non è in grado di offrire condizioni competitive per trattenere o rientrare i propri talenti. A questa perdita numerica e culturale si aggiunge il dato demografico drammatico del paese: da decenni segnato da un saldo naturale negativo e da un progressivo invecchiamento della popolazione, soprattutto nelle regioni del Sud.

Lo stile del libro è coinvolgente, con una narrazione che parte dall’esperienza personale dell’autore, arricchita da ricerche, analisi sociali e contributi di esperti. “Stai fuori!” è un appello urgente a riconoscere la gravità del problema e a cambiare rotta, promuovendo politiche pubbliche serie che valorizzino il merito, investano in istruzione, ricerca e occupazione giovanile e rendano l’Italia nuovamente un paese attrattivo per chi vuole costruire il proprio futuro.

In sintesi, questo saggio offre una fotografia dettagliata di un’Italia che “spinge i giovani ad andare via”, e lo fa con rigore scientifico, passione politica e una denuncia lucida di ciò che manca. Un contributo indispensabile per chi vuole comprendere la reale dinamica dell’emigrazione italiana contemporanea e riflettere sul futuro del paese.